sabato 30 luglio 2011
Sorbo domestico (Sorbus domestica)
Considero questa specie tra le più importanti, se non la più importante, di quelle che allignano nella nostra regione; se è vero che una volta esistevano razze bovine dalla triplice attitudine (da latte, da carne e da lavoro), anche il sorbo domestico tra le piante evidenzia almeno tre importanti peculiarità: produce frutti dal sapore unico e diverso da tutte le altre rosacee, produce un legname diritto di grande pregio e un tempo utilizzato in particolare per la costruzione dei tavoli, è anche una splendida pianta col suo portamento slanciato e la chioma rada che non ombreggia mai troppo: in maggio compare la fioritura bianco-crema in corimbi, e all'autunno le piante che non hanno fruttificato vi risarciscono regalandovi una splendida colorazione dal giallo, all'arancio, al rosso.
Trattasi anche di una specie molto rustica e longeva, adattabile e resistente alle avversità climatiche, che dà il meglio in corrispondenza delle annate siccitose; le fruttificazioni più copiose e sane infatti normalmente avvengono nelle estati più calde e asciutte, mentre le mancate fruttificazioni o l'insorgere di patologie fungine o batteriche si manifestano nelle primavere troppo umide e piovose con sbalzi di temperatura bruschi. Si adatta bene ad ogni tipo di terreno, con preferenza per quelli argillosi; ovviamente sui terreni più freschi e fertili dà risultati migliori che non su quelli poveri e aridi dove comunque resiste bene; spesso lo si trova splendido e rigoglioso anche spontaneo nei boschi di cerro e roverella, e spesso veniva accompagnato al castagneto da frutto: non a caso le proprietà dei suoi frutti di migliorare la nostra digestione compensano quelle delle castagne che notoriamente l'appesantiscono.
Nessun uso è precluso a questa specie che sebbene porti l'aggettivo "domestica" è una specie selvatica, e nel selvatico possiamo trovare tutta la variabilità di frutti che i frutticoltori innestano a volte anche sul biancospino (pratica scorretta, sempre meglio innestare sul sorbo stesso); anche la coltivazione per i frutti e per il legname è più che consigliabile e non richiede particolari cure, se non la spalcatura nel secondo caso.
lunedì 27 giugno 2011
Acer monspessulanum; Acero minore


Dedico uno spazio a questa specie poco conosciuta e spesso confusa con l'acero campestre; si tratta dell'acero più tipico della macchia meditarrenea della penisola, presente anche se spesso non comune in tutte le regioni.
Le sue caratteristiche di estrema rusticità e resistenza agli estremi climatici lo rendono adatto ad essere impiegato in molte situazioni, ed in particolare in tutte quelle con terreni poveri aridi e superficiali, dal livello del mare fino a 1000mslm.
La sua crescita lenta e le sue modeste dimensioni nonostante la longevità, la sua robustezza e il fitto fogliame minuto, rivelano la sua adattabilità anche come specie ornamentale da impiegare soprattutto in spazi ridotti anche in aree urbane; non produce frutti eduli ovviamente, ma non necessita nemmeno di cure particolari non essendo soggetto a patologie fitosanitarie ricorrenti.
martedì 17 maggio 2011
Il genere Tilia.
Sono 2 le specie di Tiglio spontanee sull'Appennino Settentrionale: il Tiglio volgare o europeo (Tilia x vulgaris)e il Tiglio selvatico (Tilia cordata).
Entrambe sono poco diffuse, anzi il tiglio selvatico è proprio raro, e di conseguenza poco conosciute; noi stessi abbiamo imparato qualcosa di più riguardo a loro coltivandole, e ciò che ci ha sorpreso di più è che si tratta di specie rustiche e resistenti, ossia dure a morire; la prima domanda che ci siamo posti è: se sono così rustiche e tenaci come mai sono così poco diffuse se non addirittura rare?
Seconda considerazione: la loro coltivazione non è proprio facile, il Tiglio selvatico nasce abbastanza bene e con buone percentuali anche di sopravvivenza, mentre il Tiglio volgare può rimanere dormiente per più anni (abbiamo osservato fino a quattro anni di dormienza) e nascere con basse percentuali e buona sopravvivenza.
E' molto importante proteggere il seme dai roditori, i quali probabilmente incideranno molto anche sulla mancata dispersione e sul mancato successo riproduttivo del seme in natura.
Una volta superate le prime fasi dello sviluppo le piante crescono senza problemi, non hanno particolari esigenze e nella messa a dimora si adattano bene ai versanti settentrionali più freschi, il selvatico a quote collinari e basso montane, il volgare nella media montagna fino a 1500 mslm.
Terza considerazione: se sono vere le prime due, perchè per l'utilizzo ornamentale le nostre due specie non sono quasi mai prese in considerazione e si ricorre sempre a specie alloctone?
Entrambe sono poco diffuse, anzi il tiglio selvatico è proprio raro, e di conseguenza poco conosciute; noi stessi abbiamo imparato qualcosa di più riguardo a loro coltivandole, e ciò che ci ha sorpreso di più è che si tratta di specie rustiche e resistenti, ossia dure a morire; la prima domanda che ci siamo posti è: se sono così rustiche e tenaci come mai sono così poco diffuse se non addirittura rare?
Seconda considerazione: la loro coltivazione non è proprio facile, il Tiglio selvatico nasce abbastanza bene e con buone percentuali anche di sopravvivenza, mentre il Tiglio volgare può rimanere dormiente per più anni (abbiamo osservato fino a quattro anni di dormienza) e nascere con basse percentuali e buona sopravvivenza.
E' molto importante proteggere il seme dai roditori, i quali probabilmente incideranno molto anche sulla mancata dispersione e sul mancato successo riproduttivo del seme in natura.
Una volta superate le prime fasi dello sviluppo le piante crescono senza problemi, non hanno particolari esigenze e nella messa a dimora si adattano bene ai versanti settentrionali più freschi, il selvatico a quote collinari e basso montane, il volgare nella media montagna fino a 1500 mslm.
Terza considerazione: se sono vere le prime due, perchè per l'utilizzo ornamentale le nostre due specie non sono quasi mai prese in considerazione e si ricorre sempre a specie alloctone?
sabato 23 aprile 2011
Pero corvino (Amelanchier ovalis)
Ecco alcune immagini di un frutteto con pero corvino e ribes rosso che abbiamo realizzato 10 anni fa in un nostro terreno esposto a nord/nord-est.




Il pero corvino rappresenta un'ottima soluzione per terreni poveri, aridi e ventosi; in questo caso è emerso anche che lepri e caprioli non ne sono particolarmente ghiotti, tanto che alla fine il ribes rosso è risultato più danneggiato, però anche dalle arvicole.




Il pero corvino rappresenta un'ottima soluzione per terreni poveri, aridi e ventosi; in questo caso è emerso anche che lepri e caprioli non ne sono particolarmente ghiotti, tanto che alla fine il ribes rosso è risultato più danneggiato, però anche dalle arvicole.
giovedì 14 aprile 2011
Anomalie climatiche.
Anche il vivaismo, come tutte le attività del settore agricolo, è molto esposto alle bizze del clima e i rischi di insuccesso nelle coltivazioni forestali sono sempre elevati.
La nevicata con annessa irruzione di aria gelida che si verificò nel marzo 2010 ha lasciato il segno: alcune semine che avevamo già eseguito ed esposto all'aperto di specie mediterranee e non, sono andate completamente perse, e tra queste in particolare Asparagus acutifolius, Phyllirea Latifolia e Prunus Avium; forse per motivi diversi non è nato nulla di semine, anche abbondanti, di tre specie montane come Daphne mezereum e Rhamnus alpinus e Lonicera xylosteum, la prima particolarmente ostica, ma le altre due invece facili.
Per contro sono riuscite bene due semine alle quali tenevamo particolarmente: Lonicera etrusca (è stata la prima volta che la semina è riuscita bene) e Pistacia Terebinthus; di queste e di altre specie come Ribes petraeum e Amelanchier ovalis avremo nuove piantine quest'autunno.
Dopo un inverno non particolarmente freddo, ma lungo e con frequenti precipitazioni, anche questa prima metà di aprile 2011 ci ha riservato un andamento particolarmente sgradito, con temperature elevate, ventilazione continua seppur a regime di brezza e totale mancanza di precipitazioni; abbiamo iniziato ad irrigare ai primi d'aprile, un mese prima rispetto alla norma, due mesi prima rispetto all'anno scorso; oggi fortunatamente piove ed è ritornata la neve sopra 1300 mslm e questo dovrebbe aiutare le nascite che sono in corso e sembrano regolari salvo un ritardo di due/tre settimane.
L'inverno appena trascorso ha comunque dato il colpo di grazia ad alcune specie che erano uscite malconce da quello precedente e tra queste diverse Leguminose; non rifaranno mai più le foglie anche molte cerrosughere e aceri opali per i quali avevamo adoperato un substrato inappropriato.
La nevicata con annessa irruzione di aria gelida che si verificò nel marzo 2010 ha lasciato il segno: alcune semine che avevamo già eseguito ed esposto all'aperto di specie mediterranee e non, sono andate completamente perse, e tra queste in particolare Asparagus acutifolius, Phyllirea Latifolia e Prunus Avium; forse per motivi diversi non è nato nulla di semine, anche abbondanti, di tre specie montane come Daphne mezereum e Rhamnus alpinus e Lonicera xylosteum, la prima particolarmente ostica, ma le altre due invece facili.
Per contro sono riuscite bene due semine alle quali tenevamo particolarmente: Lonicera etrusca (è stata la prima volta che la semina è riuscita bene) e Pistacia Terebinthus; di queste e di altre specie come Ribes petraeum e Amelanchier ovalis avremo nuove piantine quest'autunno.
Dopo un inverno non particolarmente freddo, ma lungo e con frequenti precipitazioni, anche questa prima metà di aprile 2011 ci ha riservato un andamento particolarmente sgradito, con temperature elevate, ventilazione continua seppur a regime di brezza e totale mancanza di precipitazioni; abbiamo iniziato ad irrigare ai primi d'aprile, un mese prima rispetto alla norma, due mesi prima rispetto all'anno scorso; oggi fortunatamente piove ed è ritornata la neve sopra 1300 mslm e questo dovrebbe aiutare le nascite che sono in corso e sembrano regolari salvo un ritardo di due/tre settimane.
L'inverno appena trascorso ha comunque dato il colpo di grazia ad alcune specie che erano uscite malconce da quello precedente e tra queste diverse Leguminose; non rifaranno mai più le foglie anche molte cerrosughere e aceri opali per i quali avevamo adoperato un substrato inappropriato.
giovedì 3 marzo 2011
Il genere Ulmus.

Un olmo montano in Val Bratica qualche anno fa; ora è seccato.
Se non fosse per il fatto che una terribile malattia li ha quasi estinti, come nel caso dell'olmo montano, o in gran parte ridotti a miseri cespugliamenti semi rinsecchiti come nel caso dell'olmo campestre, gli olmi sarebbero ancora una delle nostre specie più importanti, e occuperebbero da par loro gli spazi che gli spettano nei nostri boschi collinari e montani.
La grafiosi (ophiostoma graphius-ulmi) è una malattia fungina trasmessa da insetti scolitidi, che si sviluppa negli olmi quando questi sono nel pieno del loro sviluppo, e li secca nel giro di uno o due anni; quanto più un'olmo è ben sviluppato e cresce rapidamente, tanto più è facile che questo fungo, che a sua volta si sviluppa bene nelle lunghe ramificazioni, infetti la pianta; l'epidemia di grafiosi ha iniziato a manifestarsi nel XX° secolo, e le cause che l'hanno scatenata non sono ben chiare: si pensa comunque che una prima forma meno virulenta sia arrivata dal continente asiatico a quello europeo intorno agli anni venti, dove è stata descritta per la prima volta in Olanda; dal continente europeo è approdata al continente nordamericano circa vent'anni dopo, e dopo altri venticinque trenta anni e riapprodata al continente europeo da quello americano, con una forma molto più virulenta e dannosa che ha causato verso la fine degli anni '60 la morte di milioni di piante in tutta europa, e tra queste la quasi totalità di quelle più annose e rappresentative. Chi può smentirmi però se dico che anche il forte aumento dell'inquinamento dalla seconda guerra mondiale in poi ha senz'altro contribuito ad indebolire la tenacia degli olmi e di molte altre specie, favorendo l'insorgere di queste malattie delle piante?
Nell'Italia settentrionale, le specie di olmo presenti sono 2, entrambe molto sensibili alla malattia: l'olmo campestre (Ulmus minor) e l'olmo montano (ulmus glabra). La prima caratteristica e ancora piuttosto frequente nella pianura e nelle zone collinari predilige terreni fertili e profondi, prevalentemente argillosi; la seconda tipica invece delle foreste montane occupa le zone lasciate libere dal faggio e in particolare i versanti settentrionali su suoli pietrosi; nell'Appennino settentrionale l'olmo montano è sopravvissuto in pochissime stazioni con le suddette caratteristiche, ed è veramente difficile incontrarne. La Val Bratica e la Val Parma sono le zone di mia conoscenza con la presenza più cospicua: si tratta comunque di alcune stazioni isolate con pochissime unità ciascuna dove ancora negli ultimi anni sono morte delle piante. A Grammatica ho parlato con un anziano che descriveva la specie come abbondante ancora nel dopoguerra, ricordando anche i particolari usi del suo legname pregiato.
Entrambe le specie comunque non sono ancora state definitivamente sconfitte dalla grafiosi, e di entrambe si possono ancora trovare esemplari isolati di notevoli dimensioni che sembrano essere immuni; entrambe le specie, anche nei loro esemplari più malconci sono in grado di produrre un gran numero di semi dai quali nascono nuove piante vigorose, anche se quelli dell'olmo montano dell'Appennino manifestano una scarsa vitalità; io ho deciso già da molti anni di aiutare gli olmi a resistere, e lo scorso anno 3 degli olmi montani che avevo piantato oltre dieci anni fa sono seccati; è stata una delusione,ho provveduto al loro abbattimento e smaltimento del legno infetto nel minor tempo possibile anche se nella mia zona gli olmi campestri secchi sono presenti in molti posti e pochi provvedono a toglierli.
Se avete terreni in media montagna in versanti settentrionali, ricordatevi anche voi dell'olmo montano.
martedì 1 marzo 2011
Fraxinus oxycarpa (Frassino meridionale o ossifillo o di pianura).


Foto sopra: un frassino meridionale defogliato; sotto: la frenetica attività dei cantaridi.
Mi è sempre molto piaciuta questa specie, come del resto anche gli altri frassini; delle nostre 3 specie è quella che più si adatta ai terreni asfittici, e come gli altri frassini è molto rustico e adattabile, tanto da poter essere tranquillamente utilizzato in situazioni estreme come i rimboschimenti su terreni argillosi franosi.
Infatti in alcuni rimboschimenti del dopoguerra fatti su terreni argillosi principalmente con Pinus nigra e Pinus sylvestris venivano introdotti anche dei Fraxinus oxycarpa, la progenie dei quali ora a distanza di oltre cinquant'anni sta pian piano sostituendo i pini neri austriaci che molto hanno sofferto per le infestazioni di processionaria e le forti siccità a partire dal 2003 in poi.
E' anche un albero che ben caratterizza determinate consociazioni forestali della collina Emiliana dove lo si ritrova all'interno dei cerreti a quote non superiori a 500/600 metri sul livello del mare spesso accompagnato da Malus florentina e Tilia cordata.
Ho sempre consigliato di mettere questa specie anche perchè, come gli altri frassini, non dà problemi d'alcun tipo compresi quelli di carattere fitosanitario; negli ultimi anni però anche nella nostra zona, ha fatto la sua comparsa un coleottero mieloide, tanto bello quanto indesiderato: la Lytta vesicatoria, in italiano cantaride; questi insetti si nutrono esclusivamente delle foglie di frassino meridionale o maggiore verso la fine della primavera; iniziano a consumare intere piante partendo dall'alto e impiegandoci alcuni giorni; le piante rimangono completamente defogliate, e alla loro base gli escrementi emanano un odore sgradevole, per cui anche le sue peculiarità ornamentali vengono meno; le piante poi non riescono a rimettere il fogliame perduto nell'arco della stagione, per cui anche la loro crescita risulta ridotta; se poi hanno allegato semi accade che questi rimangano tutti vani.
Le infestazioni di questi insetti riguardano singole piante per volta, e non si ripresentano regolarmente ad ogni stagione sulle stesse piante.
Iscriviti a:
Post (Atom)