Avete spazio da condividere con la flora autoctona? Si? Allora la flora autoctona sarà felice di condividerlo con Voi.

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Importante! Dall'inizio del 2013 siamo diventati "piccoli produttori", di conseguenza non possiamo più emettere fattura e passaporti fitosanitari, normalmente necessari negli interventi a finanziamento pubblico.

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Per eventuali contatti non esitate ad utilizzare il seguente indirizzo:

nadiaenrico@tiscali.it


L'indirizzo nadia_enrico@alice.it non è più funzionale.

mercoledì 16 febbraio 2011

Impianto di filari misti con specie fruttifere.



Nella foto: un melo Calvilla Bianca innestato direttamente su selvatico a dimora, e accompagnato a un ginepro (innesto di 5 anni).

Nella nostra piccola azienda, su terreni poveri e marginali, caratterizzati da bruschi cambi di pendenza, versante e tipo di terreno abbiamo ripristinato vecchie piantate e soprattutto ne abbiamo create di nuove.
Nell'impianto di queste abbiamo scelto di rispettare almeno 10m sulla fila tra gli alberi da frutto principali, almeno 5m tra gli alberelli o i grandi cespugli, almeno 2m tra i cespugli e 0,5 - 1m tra le specie a portamento suffruticoso.Per agevolare e razionalizzare le lavorazioni coi mezzi agricoli, tutte le file sono state disposte parallelamente tra di loro e il più possibile vicine alla linea di massima pendenza; la distanza minima tra le file 20m, coltivati a ortaggi, cereali, leguminose.
Questo ci ha permesso di mettere numerose specie e varietà in promiscuità sfruttando poco spazio, e tenendo distanti tra di loro gli alberi appartenenti allo stesso genere e specie; osservando poi l'andamento del terreno, la sua composizione e la sua esposizione abbiamo deciso, posta per posta, quale poteva essere la specie più adatta da mettere a dimora.
Sono stati considerati alberi principali da frutto: il melo, il pero, il sorbo domestico, il mandorlo, il fico e l'albicocco; le varietà di melo occupano circa il 50% delle poste, quelle di pero circa il 30%. Il ciliegio lo abbiamo ritenuto inadatto per l'inserimento nelle nostre piantate, e più congeniale come pianta isolata o al margine di boschi o impianti arboricoli forestali; allo stesso modo avremmo considerato noce e castagno se li avessimo utilizzati.
Sono stati considerati alberelli o grandi cespugli da frutto: il nocciòlo, il corniolo, il nespolo, il pesco, il melo fiorentino e la vite abbinata ad un tutore vivo come acero minore od orniello.
Sono stati considerati come cespugli i piccoli fruttiferi selvatici, che non hanno portamento invadente: i ribes, il melograno e in via sperimentale il pero corvino e l'asparago spinoso.
Le specie aromatiche appartenenti alla famiglia delle Labiate, possono essere utili per colmare gli spazi vuoti sulla fila, anche perchè si sono confermate ottimi repellenti per lepri e caprioli.

mercoledì 9 febbraio 2011

Perchè mettere piante ?

Coi tempi che corrono e con la gente d'oggi abituata ad esigere tutto e subito, in nome del consumismo più sfrenato, cerchiamo di metterci nei panni dell'uomo o della donna qualunque, e se ci riusciamo, proviamo a chiederci perchè costoro dovrebbero mettere a dimora delle piante, e ci rispondiamo secondo le nostre reali convinzioni, sperando di trasferirle a qualcuno di voi.
Ci sembra ormai evidente che coloro che hanno la possibilità di mettere piante per vari motivi e che quindi dispongono di superfici a tale scopo, non sono più solo agricoltori, latifondisti o benestanti dei ceti medio alti della società, ma anche medio piccolo borghesi che escono dalle città in cerca di nuove dimore in campagna e spesso le trovano con terreni annessi; spesso la prima impressione è che non abbiano un'idea precisa di come utilizzare il terreno; talvolta sembra che un misto di diffidenza e presunzione impedisca loro di acquisire o accettare consigli su cosa fare del terreno. Di fatto comnque, un terreno agricolo in mano a nuovi proprietari non agricoltori rischia di rimanere inutilizzato se prima era coltivato, o di essere definitivamente abbandonato se già era in corso d'abbandono.
Se disponiamo dunque di una superficie agricola grande o piccola e non abbiamo intenzione di: fabbricarci sopra, lasciarla a disposizione di agricoltori, farci un impianto a pannelli fotovoltaici o altro che non lasci spazio ad attività o idee alternative, possiamo concordare che qualsiasi attività di prosecuzione o variazione di attività agricole e d'allevamento ammette o perlomeno non esclude completamente la possibilità di impiantare alberi e arbusti.
Soprattutto se fossimo nei panni di giovani che vogliono iniziare a lavorare all'aria aperta traendoci inanzitutto prodotti per autoconsumo, e poi anche per la vendita, non trascureremmo assolutamente di mettere alberi da frutto dove è possibile, e altri alberi da legname pregiato, da legname da ardere e da lasciar crescere liberamente per migliorare il paesaggio dove non sia conveniente fare altro. Un giovane che pianta alberi lo fa soprattutto per sè, e nel corso della propria esistenza godrà dei risultati del proprio lavoro sotto ogni punto di vista, compresa la gratificazione derivante dalle conoscenze ed esperienze acquisite.
Se fossimo invece un pò più avanti con gli anni (e in effetti un pò li siamo), il nostro piantare alberi sarebbe più un gesto nobile rivolto alle generazioni future e non strettamente alla nostra discendenza; se però lo facciamo e nel contempo non trasferiamo questa nostra passione ai giovani, il nostro operato potrebbe presto essere vanificato da chi è digiuno in materia botanica.
Come dicevo in principio, al giorno d'oggi la gente corre di quà appresso alle proprie esigenze ed ambizioni, di là per il desiderio di evadere dalle numerose angherie che il vivere nella società moderna ci costringe a subire, e se avanza un pò di tempo, energia e denaro, sono veramente pochi coloro che scelgono di dedicarli alla forestazione, all'arboricoltura o alla frutticoltura; pochissimi se contiamo solo quelli che praticano tali attività in modo serio e corretto.
Al contrario, sono molto numerosi invece quelli che si dedicano ad un giardinaggio prettamente ornamentale, il cui unico fine sembra l'ostentazione di un elevato tenore di vita, ma che da un punto di vista naturalistico ambientale non dice nulla, non caratterizza il territorio, e spesso comporta il ricorso ingiustificato all'uso di fitofarmaci che aggiunge solo inquinamento all'inquinamento.
La possibilità di accedere a contributi della Comunità Europea per intraprendere opere di rimboschimento, arboricoltura e frutticoltura, sono state drasticamente ridotte negli ultimi anni,soprattutto nei territori montani (praticamente quelli che adesso franano a valle); molti interventi di rimboschimento realizzati nel dopoguerra avevano dato pessimi risultati, conseguenza questi di errori grossolani in fase di progettazione e realizzazione e di scarsa o nulla manutenzione; così l'erogazione degli unici contributi che sarebbe stato giusto continuare ad elargire è venuta meno, senza tener conto che chi lavora con le piante gode dei benefici che ne derivano in tempi lunghi o molto lunghi.
Chi dunque è ancora così stupido da mettersi a piantare alberi, considerato tutto questo?
Dobbiamo infatti considerare l'idea che a molti appaia "stupido" o inconcludente impiegare il proprio tempo e denaro a mettere alberi piuttosto che edificare, aprire piste da sci, campi da calcio, costruire strade, parcheggi, centri commerciali...e dobbiamo accogliere questa istanza per dare una versione dei fatti alternativa; potremmo cominciare ad elencare tutti i buoni motivi e i vantaggi ecologici, economici, etici e olistici che derivano da una così semplice attività, ma nel fare questo rischieremmo di annoiare e non otteremmo l'effetto desiderato.
Diciamo solo che restituire ai nostri alberi parte dello spazio che abbiamo loro sottratto, non sempre per validi e leciti motivi, significa tornare a sancire una alleanza che in passato è stata particolarmente proficua solo per il genere umano, il quale è debitore nei confronti non solo del mondo vegetale, ma di tutto il resto della biosfera;perchè ciò possa accadere è necessario aprire la propria mente e trovare lì lo spazio che vogliamo e possiamo condividere; in questa nuova alleanza il genere umano deve per forza rientrare come elemento bilanciante all'interno degli ecosistemi, pena la sua astrazione da essi e la conseguente inevitabile catastrofe.