mercoledì 9 febbraio 2011
Perchè mettere piante ?
Coi tempi che corrono e con la gente d'oggi abituata ad esigere tutto e subito, in nome del consumismo più sfrenato, cerchiamo di metterci nei panni dell'uomo o della donna qualunque, e se ci riusciamo, proviamo a chiederci perchè costoro dovrebbero mettere a dimora delle piante, e ci rispondiamo secondo le nostre reali convinzioni, sperando di trasferirle a qualcuno di voi.
Ci sembra ormai evidente che coloro che hanno la possibilità di mettere piante per vari motivi e che quindi dispongono di superfici a tale scopo, non sono più solo agricoltori, latifondisti o benestanti dei ceti medio alti della società, ma anche medio piccolo borghesi che escono dalle città in cerca di nuove dimore in campagna e spesso le trovano con terreni annessi; spesso la prima impressione è che non abbiano un'idea precisa di come utilizzare il terreno; talvolta sembra che un misto di diffidenza e presunzione impedisca loro di acquisire o accettare consigli su cosa fare del terreno. Di fatto comnque, un terreno agricolo in mano a nuovi proprietari non agricoltori rischia di rimanere inutilizzato se prima era coltivato, o di essere definitivamente abbandonato se già era in corso d'abbandono.
Se disponiamo dunque di una superficie agricola grande o piccola e non abbiamo intenzione di: fabbricarci sopra, lasciarla a disposizione di agricoltori, farci un impianto a pannelli fotovoltaici o altro che non lasci spazio ad attività o idee alternative, possiamo concordare che qualsiasi attività di prosecuzione o variazione di attività agricole e d'allevamento ammette o perlomeno non esclude completamente la possibilità di impiantare alberi e arbusti.
Soprattutto se fossimo nei panni di giovani che vogliono iniziare a lavorare all'aria aperta traendoci inanzitutto prodotti per autoconsumo, e poi anche per la vendita, non trascureremmo assolutamente di mettere alberi da frutto dove è possibile, e altri alberi da legname pregiato, da legname da ardere e da lasciar crescere liberamente per migliorare il paesaggio dove non sia conveniente fare altro. Un giovane che pianta alberi lo fa soprattutto per sè, e nel corso della propria esistenza godrà dei risultati del proprio lavoro sotto ogni punto di vista, compresa la gratificazione derivante dalle conoscenze ed esperienze acquisite.
Se fossimo invece un pò più avanti con gli anni (e in effetti un pò li siamo), il nostro piantare alberi sarebbe più un gesto nobile rivolto alle generazioni future e non strettamente alla nostra discendenza; se però lo facciamo e nel contempo non trasferiamo questa nostra passione ai giovani, il nostro operato potrebbe presto essere vanificato da chi è digiuno in materia botanica.
Come dicevo in principio, al giorno d'oggi la gente corre di quà appresso alle proprie esigenze ed ambizioni, di là per il desiderio di evadere dalle numerose angherie che il vivere nella società moderna ci costringe a subire, e se avanza un pò di tempo, energia e denaro, sono veramente pochi coloro che scelgono di dedicarli alla forestazione, all'arboricoltura o alla frutticoltura; pochissimi se contiamo solo quelli che praticano tali attività in modo serio e corretto.
Al contrario, sono molto numerosi invece quelli che si dedicano ad un giardinaggio prettamente ornamentale, il cui unico fine sembra l'ostentazione di un elevato tenore di vita, ma che da un punto di vista naturalistico ambientale non dice nulla, non caratterizza il territorio, e spesso comporta il ricorso ingiustificato all'uso di fitofarmaci che aggiunge solo inquinamento all'inquinamento.
La possibilità di accedere a contributi della Comunità Europea per intraprendere opere di rimboschimento, arboricoltura e frutticoltura, sono state drasticamente ridotte negli ultimi anni,soprattutto nei territori montani (praticamente quelli che adesso franano a valle); molti interventi di rimboschimento realizzati nel dopoguerra avevano dato pessimi risultati, conseguenza questi di errori grossolani in fase di progettazione e realizzazione e di scarsa o nulla manutenzione; così l'erogazione degli unici contributi che sarebbe stato giusto continuare ad elargire è venuta meno, senza tener conto che chi lavora con le piante gode dei benefici che ne derivano in tempi lunghi o molto lunghi.
Chi dunque è ancora così stupido da mettersi a piantare alberi, considerato tutto questo?
Dobbiamo infatti considerare l'idea che a molti appaia "stupido" o inconcludente impiegare il proprio tempo e denaro a mettere alberi piuttosto che edificare, aprire piste da sci, campi da calcio, costruire strade, parcheggi, centri commerciali...e dobbiamo accogliere questa istanza per dare una versione dei fatti alternativa; potremmo cominciare ad elencare tutti i buoni motivi e i vantaggi ecologici, economici, etici e olistici che derivano da una così semplice attività, ma nel fare questo rischieremmo di annoiare e non otteremmo l'effetto desiderato.
Diciamo solo che restituire ai nostri alberi parte dello spazio che abbiamo loro sottratto, non sempre per validi e leciti motivi, significa tornare a sancire una alleanza che in passato è stata particolarmente proficua solo per il genere umano, il quale è debitore nei confronti non solo del mondo vegetale, ma di tutto il resto della biosfera;perchè ciò possa accadere è necessario aprire la propria mente e trovare lì lo spazio che vogliamo e possiamo condividere; in questa nuova alleanza il genere umano deve per forza rientrare come elemento bilanciante all'interno degli ecosistemi, pena la sua astrazione da essi e la conseguente inevitabile catastrofe.
Ci sembra ormai evidente che coloro che hanno la possibilità di mettere piante per vari motivi e che quindi dispongono di superfici a tale scopo, non sono più solo agricoltori, latifondisti o benestanti dei ceti medio alti della società, ma anche medio piccolo borghesi che escono dalle città in cerca di nuove dimore in campagna e spesso le trovano con terreni annessi; spesso la prima impressione è che non abbiano un'idea precisa di come utilizzare il terreno; talvolta sembra che un misto di diffidenza e presunzione impedisca loro di acquisire o accettare consigli su cosa fare del terreno. Di fatto comnque, un terreno agricolo in mano a nuovi proprietari non agricoltori rischia di rimanere inutilizzato se prima era coltivato, o di essere definitivamente abbandonato se già era in corso d'abbandono.
Se disponiamo dunque di una superficie agricola grande o piccola e non abbiamo intenzione di: fabbricarci sopra, lasciarla a disposizione di agricoltori, farci un impianto a pannelli fotovoltaici o altro che non lasci spazio ad attività o idee alternative, possiamo concordare che qualsiasi attività di prosecuzione o variazione di attività agricole e d'allevamento ammette o perlomeno non esclude completamente la possibilità di impiantare alberi e arbusti.
Soprattutto se fossimo nei panni di giovani che vogliono iniziare a lavorare all'aria aperta traendoci inanzitutto prodotti per autoconsumo, e poi anche per la vendita, non trascureremmo assolutamente di mettere alberi da frutto dove è possibile, e altri alberi da legname pregiato, da legname da ardere e da lasciar crescere liberamente per migliorare il paesaggio dove non sia conveniente fare altro. Un giovane che pianta alberi lo fa soprattutto per sè, e nel corso della propria esistenza godrà dei risultati del proprio lavoro sotto ogni punto di vista, compresa la gratificazione derivante dalle conoscenze ed esperienze acquisite.
Se fossimo invece un pò più avanti con gli anni (e in effetti un pò li siamo), il nostro piantare alberi sarebbe più un gesto nobile rivolto alle generazioni future e non strettamente alla nostra discendenza; se però lo facciamo e nel contempo non trasferiamo questa nostra passione ai giovani, il nostro operato potrebbe presto essere vanificato da chi è digiuno in materia botanica.
Come dicevo in principio, al giorno d'oggi la gente corre di quà appresso alle proprie esigenze ed ambizioni, di là per il desiderio di evadere dalle numerose angherie che il vivere nella società moderna ci costringe a subire, e se avanza un pò di tempo, energia e denaro, sono veramente pochi coloro che scelgono di dedicarli alla forestazione, all'arboricoltura o alla frutticoltura; pochissimi se contiamo solo quelli che praticano tali attività in modo serio e corretto.
Al contrario, sono molto numerosi invece quelli che si dedicano ad un giardinaggio prettamente ornamentale, il cui unico fine sembra l'ostentazione di un elevato tenore di vita, ma che da un punto di vista naturalistico ambientale non dice nulla, non caratterizza il territorio, e spesso comporta il ricorso ingiustificato all'uso di fitofarmaci che aggiunge solo inquinamento all'inquinamento.
La possibilità di accedere a contributi della Comunità Europea per intraprendere opere di rimboschimento, arboricoltura e frutticoltura, sono state drasticamente ridotte negli ultimi anni,soprattutto nei territori montani (praticamente quelli che adesso franano a valle); molti interventi di rimboschimento realizzati nel dopoguerra avevano dato pessimi risultati, conseguenza questi di errori grossolani in fase di progettazione e realizzazione e di scarsa o nulla manutenzione; così l'erogazione degli unici contributi che sarebbe stato giusto continuare ad elargire è venuta meno, senza tener conto che chi lavora con le piante gode dei benefici che ne derivano in tempi lunghi o molto lunghi.
Chi dunque è ancora così stupido da mettersi a piantare alberi, considerato tutto questo?
Dobbiamo infatti considerare l'idea che a molti appaia "stupido" o inconcludente impiegare il proprio tempo e denaro a mettere alberi piuttosto che edificare, aprire piste da sci, campi da calcio, costruire strade, parcheggi, centri commerciali...e dobbiamo accogliere questa istanza per dare una versione dei fatti alternativa; potremmo cominciare ad elencare tutti i buoni motivi e i vantaggi ecologici, economici, etici e olistici che derivano da una così semplice attività, ma nel fare questo rischieremmo di annoiare e non otteremmo l'effetto desiderato.
Diciamo solo che restituire ai nostri alberi parte dello spazio che abbiamo loro sottratto, non sempre per validi e leciti motivi, significa tornare a sancire una alleanza che in passato è stata particolarmente proficua solo per il genere umano, il quale è debitore nei confronti non solo del mondo vegetale, ma di tutto il resto della biosfera;perchè ciò possa accadere è necessario aprire la propria mente e trovare lì lo spazio che vogliamo e possiamo condividere; in questa nuova alleanza il genere umano deve per forza rientrare come elemento bilanciante all'interno degli ecosistemi, pena la sua astrazione da essi e la conseguente inevitabile catastrofe.
domenica 5 dicembre 2010
Tutori vivi e morti delle piante da frutto.
Nell'Appennino Emiliano, come in altre zone d'Italia, in questi ultimi quindici anni abbiamo avuto notevoli problemi a difendere le giovani piante appena messe a dimora, da una troppo elevata presenza di caprioli (capreolus capreolus).
I maggiori danni sono stati a carico delle piante da frutto innestate, e qui anche le lepri hanno fatto la loro parte.
Il ricorso a reti metalliche e vari tipi di shelter che si trovano in commercio, oltre ad essere un costo non indifferente, non ha dato sempre risultati soddisfacenti, basti pensare che talvolta le reti con relativo robusto paletto di sostegno sono state completamente divelte, e in qualche caso non le abbiamo più ritrovate.
Da buoni osservatori di ciò che accade in natura non abbiamo potuto fare a meno di notare che tutto ciò che cresce spontaneamente isolato è a forte rischio di scornamento e/o brucamento da parte degli ungulati, mentre laddove si formano macchie fitte e disordinate di vegetazione, i danni sono molto più contenuti.
I danni poi sono praticamente nulli dove crescono specie spinose come ad esempio i comunissimi prugnoli (Prunus spinosa), i biancospini (Crataegus spp) e le rose selvatiche (Rosa canina in primis); anche alcune specie velenose o non appetite dai caprioli, crescono indisturbate: Buxus sempervirens, Cornus mascula,Ilex aquifolium, Juniperus communis (solo scornato) e tutte le Rhamnacee non vengono consumate; notare bene che alcune specie notoriamente velenose per l'uomo e gli animali domestici come il Taxus baccata e l'Euonymus europaeus rientrano invece tranquillamente nella dieta del capriolo.
Constatato ciò abbiamo deciso di provare ad affiancare alle piante messe a dimora alcune specie cespugliose accompagnatorie spinose, velenose o inappetite; parallelamente abbiamo anche provato ad "infrascare" le piante da frutto con robuste ramaglie di robinia; sicuramente il risultato pratico ed estetico non è proprio il massimo (difficoltà a togliere le infestanti come la Clematis vitalba o anche solo a sfalciare l'erba), ma lo scopo di tenere i caprioli lontani a quanto pare è stato raggiunto !
I maggiori danni sono stati a carico delle piante da frutto innestate, e qui anche le lepri hanno fatto la loro parte.
Il ricorso a reti metalliche e vari tipi di shelter che si trovano in commercio, oltre ad essere un costo non indifferente, non ha dato sempre risultati soddisfacenti, basti pensare che talvolta le reti con relativo robusto paletto di sostegno sono state completamente divelte, e in qualche caso non le abbiamo più ritrovate.
Da buoni osservatori di ciò che accade in natura non abbiamo potuto fare a meno di notare che tutto ciò che cresce spontaneamente isolato è a forte rischio di scornamento e/o brucamento da parte degli ungulati, mentre laddove si formano macchie fitte e disordinate di vegetazione, i danni sono molto più contenuti.
I danni poi sono praticamente nulli dove crescono specie spinose come ad esempio i comunissimi prugnoli (Prunus spinosa), i biancospini (Crataegus spp) e le rose selvatiche (Rosa canina in primis); anche alcune specie velenose o non appetite dai caprioli, crescono indisturbate: Buxus sempervirens, Cornus mascula,Ilex aquifolium, Juniperus communis (solo scornato) e tutte le Rhamnacee non vengono consumate; notare bene che alcune specie notoriamente velenose per l'uomo e gli animali domestici come il Taxus baccata e l'Euonymus europaeus rientrano invece tranquillamente nella dieta del capriolo.
Constatato ciò abbiamo deciso di provare ad affiancare alle piante messe a dimora alcune specie cespugliose accompagnatorie spinose, velenose o inappetite; parallelamente abbiamo anche provato ad "infrascare" le piante da frutto con robuste ramaglie di robinia; sicuramente il risultato pratico ed estetico non è proprio il massimo (difficoltà a togliere le infestanti come la Clematis vitalba o anche solo a sfalciare l'erba), ma lo scopo di tenere i caprioli lontani a quanto pare è stato raggiunto !
mercoledì 1 dicembre 2010
Progenie di Malus florentina.

Nella foto: fiori e foglie di Malus florentina.
Sono presenti in vivaio un discreto numero di giovani piantine di Melo fiorentino (Malus florentina), prevalentemente in vasi 7x7x18 e un pò anche nei 9x9x20, adatti soprattutto per coloro che amano attirare l'avifauna nei pressi della propria dimora.
Le piccole sorbe prodotte da questa specie, sono commestibili ed hanno una polpa che quando ammezzisce prende un sapore unico (solo le sorbe del progenitore Sorbus torminalis si avvicinano a questo sapore); varie specie di piccoli uccelli invece preferiscono cibarsi dei piccoli semi a granella.
Dopo almeno dieci anni di prove, possiamo affermare che questa specie ha un'adattabilità più che buona, anche se predilige terreni asfittici, neutri o subacidi.
Origine del seme: Oasi dei Ghirardi e zone limitrofe.
lunedì 29 novembre 2010
Progenie di Mespilus germanica.
Abbiamo una modesta quantità di Nespolo selvatico in vasi medio piccoli in attesa di essere messo a dimora; non è facile far nascere bene questa specie per cui anche disponendo di molto seme, abbiamo ottenuto sempre poche piante; una volta messo a dimora però dimostra una elevata adattabilità e in pochi anni inizia a fruttificare.
Preferisce stazioni e terreni freschi e di solito fruttifica meglio in mezzombra.
Origine del seme: Oasi dei Ghirardi e zone limitrofe.
Preferisce stazioni e terreni freschi e di solito fruttifica meglio in mezzombra.
Origine del seme: Oasi dei Ghirardi e zone limitrofe.
Progenie di Cornus mascula.

Nella foto: copiosa fruttificazione di Cornus mascula.
Abbiamo a disposizione una discreta quantità di cornioli in vari tipi di vaso.
Vi ricordo che questa specie piuttosto rustica fruttifica meglio in terreni adiacenti a piccoli corsi d'acqua e in mezzaluce.
Origine del seme utilizzato: appennino parmense.
domenica 28 novembre 2010
Progenie di Ribes uva-crispa.
Quest'anno abbiamo una notevole quantità di uva spina (Ribes uva-crispa)in attesa di qualcuno a cui venga la buona idea di metterle a dimora; vi ricordo che si tratta di uno squisito piccolo frutto dal sapore somigliante a quello della fragola, difeso da una miriade di spine.
La specie è spiccatamente nitrofila e particolarmente adatta ad essere coltivata.
Origine del seme: appennino umbro-marchigiano; raccoglitore: il mitico Antonio "Vichingo" Moscetti.
La specie è spiccatamente nitrofila e particolarmente adatta ad essere coltivata.
Origine del seme: appennino umbro-marchigiano; raccoglitore: il mitico Antonio "Vichingo" Moscetti.
sabato 27 novembre 2010
Scarsa considerazione.
Tutto ciò che ci viene in mente riguardo all'interesse della gente comune per la nostra attività di vivaisti al servizio delle piante, o se preferite della natura è: scarsa considerazione.
Potrei dire "pazienza", ma non posso permettermi di avere pazienza, e la gente comune non può permettersi di avere scarsa considerazione per la sorte dei nostri ecosistemi e quindi dell'intero pianeta; il mondo scientifico non ci dà scampo: se non modificherà il proprio comportamento la gente comune porterà il genere umano ad una misero ed inglorioso epilogo; ma quello che mi secca di più è che anche quelli fuori dal comune non avranno sorte diversa, e qualcun'altro deciderà per loro e contro la loro volontà.
Eppure ci vorrebbe veramente poco per cambiare: semplicemente riconoscere che prima di tutto noi stessi siamo parte attiva all'interno degli ecosistemi e fuori da questi ci trasformiamo inevitabilmente in astrazioni. Cambiare non significa rassegnarsi, ma solo adeguarsi in modo ragionevole!
Potrei dire "pazienza", ma non posso permettermi di avere pazienza, e la gente comune non può permettersi di avere scarsa considerazione per la sorte dei nostri ecosistemi e quindi dell'intero pianeta; il mondo scientifico non ci dà scampo: se non modificherà il proprio comportamento la gente comune porterà il genere umano ad una misero ed inglorioso epilogo; ma quello che mi secca di più è che anche quelli fuori dal comune non avranno sorte diversa, e qualcun'altro deciderà per loro e contro la loro volontà.
Eppure ci vorrebbe veramente poco per cambiare: semplicemente riconoscere che prima di tutto noi stessi siamo parte attiva all'interno degli ecosistemi e fuori da questi ci trasformiamo inevitabilmente in astrazioni. Cambiare non significa rassegnarsi, ma solo adeguarsi in modo ragionevole!
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